venerdì 11 gennaio 2008

TUAREG

Leggendari carovanieri, signori del deserto, gli arabi li soprannominarono Tuareg "senza Dio", loro, forse discendenti dei mitici Garamanti si autodefiniscono Imohag "uomini liberi".
Non si considerano un unità etnica, parlano il tamashek, una lingua tramandata solo oralmente.. Che altro dire, quale altro popolo può vantare una tale descrizione?







Meglio non guardare dove si va che andare solo fino a dove si vede.
Carlo Michelstaeder



ERG MURZUK

..cammina su lidi infiniti, su valli incantate e, se la tempesta di sabbia si abbatterà su di te come il vento che devasta un campo di grano, sappi che anche una sola spiga può diventare pane.

Romano Battaglia














GHADAMES

"..Ghadames appare come una rosa tra le sabbie" racconta un'antica leggenda.
Citata già da Plinio il Vecchio con il nome di Cydamus, occupata dai Romani, invasa dai Vandali, ripresa dai Bizantini, conquistata dagli Arabi, passò un periodo pure sotto il tricolore italiano prima di finire meritatamente tutelata dall'Unesco.
Crocevia di scambi commerciali, le sue vie pullulavano di carovane cariche di oro, avorio, spezie, pietre preziose, essenze, animali selvaggi, piume di struzzo, ma il commercio tristemente più fiorente era quello degli schiavi..











giovedì 10 gennaio 2008

AWBARI

Da sempre, sulle sponde di questi laghi incastonati come gemme nelle sabbie dell'Erg Awbari, viveva una popolazione le cui discendenze si confondevano nella notte dei tempi fino a renderne indecifrabile la provenienza. Erano i Dauada, una popolazione nera, e poichè in arabo "doud" significa verme quelli che ne mangiavano erano qualificati cone Dauada. Per la verità non si trattava realmente di vermi ma di piccolissimi crostacei chiamati Artemia Salina, straordinariamente abbondanti in questi laghi salati. La pesca, praticata solo dalle donne, si effettuava con un retino a maglie sottili dove i crostacei rimanevano imbrigliati mischiati con le alghe, la Danga, che popola anch'essa il fondo dei laghi. Il tutto formava una pasta bruna con la quale venivano formati dei pani che, essiccati poi per diversi giorni, venivano poi sepolti sotto la sabbia. Dopo qualche mese, l'impasto nero dal forte odore di pesce marcio era pronto ad essere mangiato mescolato con datteri schiacciati.
Che strani questi Dauada, questi uomini liberi capaci di vivere con così poco, in grado di escogitare un modo tutto loro per camminare nella sabbia attaccando le altissime dune alzando il ginocchio fino all'altezza dei fianchi e gettando la gamba in avanti. Le punta dei piedi affondavano nella fine sabbia e subito si curvavano all'indietro senza appoggiare il tallone, per poi contrarsi. Le braccia a penzoloni oscillavano e facevano da bilanciere spostandosi dalla parte opposta del corpo alla gamba che dovevano alzare.. Con questo modo di camminare , i piedi dei Douada si deformavano: erano corti, arcuati, talloni sottili e piante larghe ..gli alluci sviluppati a dismisura. Che strani questi Dauada, avevano trovato il modo di sopravvivere anche in questo posto così avaro di risorse senza però mai chiedere l'aiuto a nessuno. Erano degli uomini liberi.
Poi un giorno, nel 1987, qualcuno disse che il difficoltoso accesso al luogo creava problemi per un normale sviluppo della regione ..ma nessuno aveva mai chiesto loro se la LORO regione veramente necessitavano di uno "sviluppo".
Il governo decretò l'evacuazione completa e definitiva di tutti i villaggi insediati sulle sponde dei laghi, non si sa quanti erano i Dauada, la popolazione non venne censita durante lo sfollamento.
Ma si racconta che molti di loro lasciarono la loro terra in posizione orizzontale..
Nessuno sa più nulla ormai dei Dauada, i mangiatori di vermi..











AKAKUS

Il deserto è sovrano.. Anche se troppi uomini ormai vi si precitano senza avere imparato a rispettarlo. Ripeto incessantemente che ci sono cose che un essere ben educato non farà mai in chiesa, in una sinagoga, in un tempio o in una moschea. Il deserto è la stessa cosa: bisogna entrarci in punta dei piedi.

Theodor Monod